LONDRA – L’inizio sparato, con 4 vittorie su 4 (una nel Community Shield, tre in campionato), aveva illuso tutti. Con José Mourinho in panchina, il Manchester United è tornato grande, era il mantra. Pochi sembravano aver preso in considerazione il fatto che gli avversari affrontati, a parte il Leicester City, non erano proprio di primissimo piano, con il tutto rispetto per Bournemouth, Southampton e Hull City. Poi è arrivata la sconfitta nel derby col City e qualcosa si è spezzato, con i Red Devils che, in rapida successione, sono stati battuti anche dal Feyenoord in Europa League e dal Watford nell’ultima di Premier. E con lo scarso equilibrio che regna anche da questa parte della Manica quando si parla di calcio, il Manchester United da possibile contendente per il titolo è diventata squadra in crisi quasi irreversibile.
PRESSIONE – Ciò che è certo, è che dopo sole 5 giornate, una vittoria in Premier sembra davvero improbabile con i concittadini del City già a +6 in classifica. Se si fa un raffronto con la scorsa stagione, quando in panchina c’era il tanto vituperato Louis Van Gaal, dopo lo stesso numero di partite i rossi di Manchester avevano una sconfitta in meno sul groppone e un punto in più in classifica, pur avendo avuto due impegni difficili contro Tottenham e Liverpool (entrambi vinti, fra l’altro). Insomma, la pressione sta già montando per Mourinho, visti anche i 145 milioni di sterline spesi in estate per portare a Carrington gente del calibro di Zlatan Ibrahimovic, Paul Pogba, Henrikh Mkhitaryan ed Eric Bailly.
CALENDARIO – Il calendario non aiuta, perché delle prossime quattro in campionato solo una sarà contro una squadra abbordabile – il malmesso fanalino di coda Stoke City in casa – mentre le altre tre saranno contro un Leicester City in grande crescita (sempre in casa) e contro Liverpool e Chelsea in trasferta. Serve una svolta in fretta, dunque, anche perché le critiche diventano sempre più pesanti. Basta leggere le parole di un grande ex come Paul Scholes: «Possiamo parlare quanto volete di formazioni e di posizioni in campo – dice il centrocampista degli anni d’oro della gestione Ferguson – la verità è che lo United è stato pessimo nel controllo della palla. In questo momento va così. Penso che nel possesso palla il Manchester United sia stato davvero scadente. Anche dal punto di vista individuale, è andata male. Rashford è l’unico che sta brillando. Non ha giocato la sua miglior partita, ma almeno è stato una minaccia (per il Watford)».
COLPEVOLI – Quanto a Mourinho, il portoghese ha le idee chiare sulle responsabilità per la sconfitta di Watford. Sul banco degli imputati, come era già successo dopo il ko nel derby, c’è prima di tutto l’arbitro, Michael Oliver, reo di avere convalidato il primo gol degli Hornets, marcato da Etienne Capoue, nonostante un fallo abbastanza evidente su Anthony Martial. «Ci sono cose che sono in mio potere come il miglioramento della squadra, dei singoli giocatori e della fase difensiva. Dobbiamo migliorare, individualmente e collettivamente. E questo è il mio lavoro. La fortuna non la puoi controllare e gli errori degli arbitri non li puoi controllare».

ERRORI – Oltre al signor Oliver, Mourinho individua un altro colpevole: Luke Shaw. «Sul secondo gol del Watford – commenta il portoghese – Amrabat riceve palla e il nostro terzino sinistro (Shaw, ndr) è a 25 metri da lui invece che a 5. Ma anche se sei a 25 metri, devi correre e pressare, invece no, noi aspettiamo. È un’attitudine tattica ma anche mentale. È qualcosa che non si perfeziona in un paio di settimane».
Foto di apertura di Matt Churchill
United ko nel derby
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