MANCHESTER – È guerra aperta tra Pep Guardiola e Yaya Touré. O, meglio, tra il tecnico spagnolo del Manchester City e l’agente del centrocampista ivoriano, Dimitri Seluk. Motivo del contendere, lo dichiarazioni di quest’ultimo dopo l’esclusione di Yaya dalla lista per la Champions League. «Se il City non vince la Champions – le parole di Seluk – spero che Guardiola abbia le palle per ammettere di aver sbagliato a lasciare fuori un grande giocatore come Touré».

FURIA PEP – Dichiarazioni che hanno fatto infuriare l’ex allenatore di Barcellona e Bayern Monaco, al punto da spingerlo ad affermare che Touré non scenderà in campo nemmeno per sbaglio fino al momento in cui arriveranno le scuse ufficiali di Seluk (o del giocatore in sua vece). «Touré deve chiedere scusa – dice Guardiola – ai suoi compagni e al club. Se non lo fa, non gioca». Più chiaro di così è impossibile. «Non è stato facile per me lasciarlo fuori dalla squadra per la Champions – prosegue il buon Pep – ma il giorno dopo il suo agente ha parlato con i media. Touré non ha avuto il coraggio di chiamarmi. Da quel momento è stato fuori. Lo conosco, so che è un bravo ragazzo, ma per me è stato difficile anche lasciare Aleix Garcia. Non riesco a immaginare il mio agente, quando ero ancora un giocatore, che va a parlare male sui giornali di Johann Cruyff. Se ha un problema, chiami il club. Fino a quel momento, Yaya rimarrà fuori squadra».
ADDIO – Touré ha giocato solo una partita ufficiale alla sua settima stagione con i Citizens, dove è arrivato nel 2010 proveniente dal Barcellona, dove per due anni aveva avuto come allenatore proprio Guardiola. E forse la delusione per il trattamento ricevuto quest’anno ha a che fare con la decisione, annunciata dal centrocampista, di dire addio alla nazionale. «Scrivere questa nota è stato probabilmente il match più impegnativo della mia carriera – si legge in un comunicato dell’ivoriano -. Dopo 14 anni al livello più alto, sono certo che questo sia il momento giusto per me. Il fatto che abbia ormai 33 anni, l’intensità degli allenamenti e il gran numero di partite non sono le ragioni per cui ho preso questa decisione. Il calcio è tutto per me e mi ha dato così tanto che sento di non avere più la capacità di pormi degli obiettivi come giocatore degli Elefanti della Costa d’Avorio».