Amber Rudd

Diresse società basate alle Bahamas, imbarazzo per Amber Rudd

LONDRA – Se ad aprile dichiari che «la trasparenza internazionale in materia di tasse è essenziale» e a settembre si scopre che sei stata a capo di non una ma ben due società operanti in un paradiso fiscale, sai di essere nei guai. Soprattutto se sei ministro dell’Interno. Se poi sei ministro dell’Interno in un governo che della lotta all’evasione fiscale e ai paradisi offshore ha fatto una bandiera come quello presieduto da Theresa May, allora sai di essere nei guai al cubo.

È esattamente questa la posizione nella quale si trova Amber Rudd. Che, fino a prova contraria, non ha fatto nulla di illegale, ma si trova ad affrontare una figuraccia di dimensioni colossali. Anche perché, oltre al suo ruolo di direttore tra 1998 e 2000 di Advanced Asset Allocation Fund e Advanced Asset Allocation Management, due compagnie basate appunto alle Bahamas, è emerso anche che la Rudd era l’investment relations officer, cioè l’addetta ai rapporti con i clienti, della Monticello, una compagnia finita in disgrazia all’inizio del 2000 per una vicenda di false informazioni al mercato.

Il nome della Rudd è solo uno dei tanti emersi dalla lista fornita al giornale tedesco “Süddeutsche Zeitung” e condivisa con l’International Consortium of Investigative Journalists, lo stesso che aveva fatto esplodere lo scandalo dei Panama Papers. Tra le “celebrità” coinvolte anche l’olandese Neelie Kroes, che era a capo di una società offshore ai tempi del suo impegno come commissario europeo alla concorrenza. Se la Kroes ha ammesso di avere infranto il codice etico della Commissione, la Rudd non sembra averne nessuna intenzione. «Non è un mistero che Amber ha lavorato in finanza prima di entrare in politica» dichiara un suo portavoce. Se si sapeva che aveva lavorato in finanza, non si sapeva, perà, dove avesse lavorato. E viene proprio da lì il danno d’immagine.

Come detto, oltre che nelle due compagnie basate nelle Bahamas e in una serie di società di estrazione mineraria fallite miseramente, la Rudd è stata coinvolta anche nello scandalo Monticello. Alla fine degli anni ’90, era abbastanza diffusa la pratica dello share ramping, cioè delle false dichiarazioni ai mercati per far fluttuare in maniera violenta le azioni. E il condirettore della Monticello, Mark O’Hanlon, proprio di questa pratica vietata si rese colpevole, beccandosi in seguito 18 mesi di condanna e portando allo sfascio la Monticello.

La Rudd non fu direttamente coinvolta, ma certo non depone a suo favore la frequentazione di una società di così infima fama. Anche perché non molto tempo fa, per la precisione ad aprile, quando è esploso lo scandalo del fondo di investimento alle Bahamas fondato dal padre di David Cameron, la Rudd aveva difeso a spada tratta l’allora primo ministro, ma non aveva detto nulla a proposito delle società con sede sempre nel paradiso fiscale dei Caraibi da lei dirette alla fine degli anni ’90.

Insomma, un bel danno d’immagine per uno degli astri nascenti del partito conservatore. Figlia di Tony Rudd, chiaccherato uomo di finanza coinvolto in vari scandali negli anni ’80, Amber Rudd è entrata in politica all’inizio di questo secolo ed è stata eletta in Parlamento nel 2010 per il collegio di Hastings e Rye dopo un primo tentativo andato a vuoto 5 anni prima. A luglio, dopo le dimissioni di Cameron e l’arrivo a Downing Street di Theresa May, l’approdo al governo alla guida di uno dei dicasteri più importanti. Un’ascesa formidabile, che ora questo mezzo scandalo mette a serio rischio.

Nell’immagine di apertura, il Ministro dell’Interno britannico Amber Rudd (foto Number 10)

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