Jeremy Corbyn

Labour, Corbyn rimane leader. Ma nel partito è guerra fra bande

LONDRA – Nessuno dei suoi tanti, tantissimi avversari all’interno del partito pensava di poter strappare a Jeremy Corbyn la leadership del Labour. In molti, però, speravano di indebolirlo, mostrando come il suo gradimento tra membri e simpatizzanti fosse nettamente calato rispetto all’elezione che un anno fa lo aveva indicato come successore del dimissionario Ed Milliband.

DISFATTA – Sfortunatamente per lo sfidante Owen Smith e i suoi sostenitori, è arrivata invece una sconfitta catastrofica. Corbyn è stato confermato leader con una maggioranza schiacciante – quasi 62% contro poco più di 38% – superiore a quella con cui era stato eletto la prima volta. Con i suoi nemici in ritirata, il suo controllo sul partito è ancora più forte.

NUMERI – Corbyn ha vinto in tutte le aree del partito: 59% tra i membri a pieno diritto; 70% tra i supporter registrati; 60% tra i membri affiliati (sindacalisti soprattutto). In totale, ha ottenuto 313,209 preferenze su 506,438 voti espressi (gli aventi diritto erano 654,006). L’anno scorso si era imposto su Andy Burnham, Yvette Cooper e Liz Kendall con il 59,5% (circa 250 mila voti). Un balzo niente male, dunque. C’è un dato, però, che dovrebbe preoccuparlo: solo il 37% di quelli entrati nel Labour prima del 2015 si è espresso a suo favore.

TREGUA – Vittoria su quasi tutta la linea, dunque. Ma guerra civile a sinistra tutt’altro che conclusa: la diffidenza reciproca tra la fazione centrista e quella corbynista fa sembrare le liti interne al PD italiano garbate discussioni davanti a un tè. Tra le varie anime laburiste c’è odio, odio vero. Troppo veleno è stato sparso in questi mesi perché di colpo scoppi la pace. Ci sarà, forse, una tregua, durante la quale gli sconfitti di oggi cercheranno di riorganizzarsi. Dopodiché i compagni ricominceranno a prendersi a coltellate.

PURGA – Nel suo discorso di accettazione, Corbyn ha dichiarato di volere ripartire da zero e ha promesso che sarà più attento alle istanze dei suoi oppositori interni, negando così implicitamente di volere una “purga” per liberarsi dei suoi nemici, come chiedevano (e in alcuni casi continuano a chiedere) non pochi dei suoi sostenitori. Ma il confermato leader ha anche fatto capire chiaramente che il partito laburista è cambiato per sempre: la base deve avere più voce in capitolo nelle decisioni del vertice. Gli iscritti sono al momento più di 600 mila, ma secondo il più stretto collaboratore di Corbyn, John McDonnell, potrebbero diventare un milione entro un anno.

VOTO – Corbyn e i suoi alleati vorrebbero che la famosa base fosse interpellata su tutte le questioni politiche più importanti, come la scelta dei membri del governo ombra, riducendo di molto il ruolo del NEC (National Executive Committee, paragonabile alla Direzione di un partito nostrano) e dunque dei parlamentari. Se si considera che il 70% dei nuovi iscritti ha votato Corbyn, se passasse questa linea i centristi perderebbero, probabilmente per sempre, la possibilità di riconquistare il controllo del Labour.

SCISSIONE – Chiedere agli oppositori di accettare qusta linea equivale a chiedere a un abbacchio di festeggiare la Pasqua. Ma è proprio quello che Corbyn e soci stanno facendo. E avendo in mano le leve del comando, sono in grado di imporsi. Il risultato di una prova di forza dei corbynisti su questo punto sarebbe molto probabilmente una scissione dell’ala di centro. Per il momento, perciò, la questione rimane sull sfondo. Ma prima o poi dovrà essere affrontata: quel giorno potrebbe essere l’ultimo del Labour come lo conosciamo. «Non ho mai visto il partito così diviso» dice a questo proposito l’ex ministro ombra dell’Educazione, Lucy Powell. Visto ciò che sta succedendo nel partito, possiamo definirlo l’understatement del secolo.

Foto di Garry Knight

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