Sadiq Khan

«Permessi speciali per i cittadini UE a Londra»

LONDRA – Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, vuole permessi speciali che consentano ai cittadini dell’Unione Europea di continuare a lavorare nella capitale anche dopo che la Brexit sarà cosa fatta. Negoziati in questo senso, ha detto il politico laburista, sono in corso con il governo.

INCONTRI – Prossimamente ci sarà un incontro con il Primo Ministro Theresa May, ma colloqui informali ci sono già stati con il ministro degli Esteri Boris Johnson, il cancelliere (ministro del Tesoro) Philip Hammond e il ministro per la Brexit David Davis.

CONSEGUENZE – Tra tutte le città britanniche, Londra è quella dove maggiore è la presenza di cittadini della UE e dove le conseguenze negative di un’eventuale stretta sull’immigrazione dai paesi dell’Unione si farebbero sentire maggiormente. È anche per questo che Khan ha chiesto in passato al governo di ritardare il più possibile l’attivazione del famigerato articolo 50 del Trattato di Lisbona, che farebbe partire i negoziati per l’addio del Regno Unito alla UE.

STATUS – Se il piano di Khan dovesse andare in porto, sarebbe un bel sospiro di sollievo per le centinaia di migliaia di cittadini europei che risiedono nella capitale britannica e stanno vivendo con ansia questi mesi di incertezza a proposito del proprio status futuro in Gran Bretagna.

ACCORDO – «Stiamo parlando con uomini d’affari, imprese, rappresentanti sindacali per vedere che cosa si può fare per evitare che Londra perda i talenti che le hanno permesso di rinnovarsi e diventare la più grandi città del mondo – ha detto Khan ai microfoni di Sky -. La buona notizia è che il governo comprende il problema. È l’impressione che ho avuto dai miei colloqui con i membri dell’esecutivo. Incontrerò quanto prima il Primo Ministro per discutere delle nostre questioni, ma sono sicuro che il governo riconosca che non è nell’interesse di nessuno raggiungere un cattivo accordo con la UE».

INCERTEZZA – Il 23 giugno scorso il 56% dei londinesi ha votato per rimanere in Europa. Nei primi giorni dopo il referendum, la preoccupazione per il futuro dell’economia cittadina era tale che qualcuno è arrivato provocatoriamente a chiedere che la capitale si staccasse dalla Gran Bretagna per diventare uno stato autonomo. A più di tre mesi dalla consultazione, la situazione rimane di assoluta incertezza. Il poeta direbbe che si sta come d’autunno sugli alberi le foglie. Più prosaicamente, si può dire che si è in attesa che qualcuno, magari dal governo, faccia un minimo di chiarezza.

La deputata laburista Rachel Reeves
La deputata laburista Rachel Reeves (foto Labour)

DIVISIONI – Chiarezza, va detto, che manca anche in campo laburista sul tema dell’immigrazione. C’è la posizione di Khan, decisamente contaria a una stretta, almeno per quanto riguarda la capitale. Ma c’è anche quella dell’ex ministro ombra del Lavoro Rachel Reeves, che un paio di giorni fa è arrivata a dichiarare che, se non si mettono limiti agli arrivi dall’Unione Europea, ci saranno violenti disordini in giro per la Gran Bretagna. Secondo la deputata di Leeds il partito laburista deve ascoltare la voce degli elettori. «Ci sono tensioni nel paese. È come una polveriera». Reeves è stata accusata di avere le stesse posizioni degli indipendisti di destra dell’UKIP, ma non ha cambiato idea: «I controlli sull’immigrazione e la fine della libertà di movimento devono essere portati avanti dopo la Brexit. Altrimenti vorrebbe dire che ce ne infischiamo della volontà degli elettori».

FRENO – Sulla stessa lunghezza d’onda Andy Burnham, anche lui già membro del governo ombra e attualmente candidato alla poltrona di sindaco di Manchester, secondo cui milioni di simpatizzanti del Labour hanno votato a favore della Brexit soprattutto per porre un freno all’immigrazione.

AIUTI – Jeremy Corbyn, appena confermato leader del partito dopo un’aspra battaglia, fatica a trovare una sintesi che accontenti tutti. Da una parte, da buon socialista internazionalista, non può pronunciarsi a favore di una stretta indiscriminata sull’immigrazione, come chiedono la Reeves e Burnham. Non può nemmeno, però, ignorare il problema. La sua soluzione? In sostanza, aiuti di stato per le aree più colpite dal fenomeno e armonizzazione dei salari nei vari paesi della UE per rendere inutile l’emigrazione.

Foto apertura di Chris Beckett

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